Intervista al prof: PATRICK FOGLI

I: Caro Patrick, da quanti anni fai lo scrittore, ormai?

P: Non mi fare domande che mi mettono di fronte alla mia età vetusta! Scherzi a parte, ho esordito nel 2006, quindici anni fa. Confesso una certa impressione nel dirlo.

I: E da quanto, invece, sei anche insegnante di scrittura creativa?

P: Vado a memoria, direi dal 2016. È cominciato per caso, non pensavo che avrei continuato per così tanto tempo. È stata una piacevole sorpresa.

I: Quindi hai già incontrato diverse classi. Com’è il rapporto che si crea con gli allievi? E quello che si crea tra di loro?

P: In generale buono, in un caso e nell’altro. Cerco sempre di fare in modo che la lezione sia un modo per passare un momento piacevole, anche se ho la fama di essere severo. E tutto sommato non mi dispiace.

I: Pensi che scrittori si nasca o si diventi?

P: Credo che per tutti i lavori artistici valga la stessa cosa che si può dire per lo sport. Il talento – o la predisposizione – nasce con te. Ma se non la coltivi, non impari a gestirla, a metterla al servizio di qualcosa, finisci per non farne nulla di buono. La gestione della scrittura, le tecniche con cui creare un effetto – il ritmo, la suspense, un’emozione di qualche genere – o con cui strutturare una storia, si possono insegnare. Serve pazienza, applicazione e, come prima cosa, essere giganteschi lettori.

I: Tu che cosa hai imparato, insegnando?

P: A guardarmi da fuori più di quanto non facessi prima. A smontare in pezzi più piccoli quello che scrivo, a essere più severo con me stesso, anche se lo ero già molto. Scrivere è come smontare e rimontare un grande puzzle dove ogni pezzo della storia deve stare al suo posto e ogni parola deve avere una collocazione sensata all’interno della frase.

I: Qual è il l’ostacolo maggiore che incontra chi vuole scrivere un romanzo?

P: Evitare gli avverbi? Scrivere un romanzo è un viaggio molto lungo. Restare con una storia per mesi, a volte per anni, richiede costanza e dedizione. E divertimento: se non ti diverti a scrivere sei fatto. In generale è il passo, la cosa più difficile. È molto più facile inciampare, i fattori che concorrono alla costruzione del risultato finale crescono in proporzione. È un po’ come essere abituati a una passeggiata e partire per il cammino di Santiago.

I: Grazie del tuo tempo e della tua disponibilità. C’è qualcos’altro che vuoi dire ai tuoi allievi passati, presenti e futuri?

P: Non temano, il gatto a nove code non è ancora finito nell’armadio.

———————————————————————————————————————————–

Intervista al prof: GIANLUCA MOROZZI

I: Ciao Gianluca, ormai da diversi anni hai affiancato alla carriera di scrittore quella di insegnante di scrittura creativa. Come ti trovi ad insegnare agli aspiranti scrittori?

G: A meraviglia. Sono molto fiero dei miei allievi quando diventano scrittori pubblicati, ma anche solo quando li vedo migliorare racconto dopo racconto. E poi, spiegando le tecniche narrative, spesso imparo delle cose io stesso sul lavoro che faccio in quanto scrittore.

I: Qual è il tuo approccio alla classe? Come ti rapporti ai tuoi allievi?

G: Ci sono vari tipi di insegnanti di scrittura creativa. Ci sono, per esempio, quelli che hanno un approccio punitivo e penitenziale tipo allenatori di pallavolo da cartone animato giapponese, per cui reputano utile umiliare gli allievi facendo leggere in pubblico i racconti prodotti come esercizio per poi stroncarli parola per parola. Ecco: io ho un approccio opposto. Mi piace un clima rilassato e amichevole, in cui si possa iniziare a creare con tutta calma e senza l’ansia da stroncatura o da confronto con gli altri. Ci sarà tempo più avanti per queste cose, non certo a un corso di primo livello. Gli esercizi che propongo settimanalmente sono facoltativi, prima di tutto, e nessuno è obbligato a leggerli in pubblico. Se qualcuno si sente di farlo, io non do giudizi davanti a tutta la classe, ma solo in privato. Dopodiché, ai corsi in cui l’orario lo consente, mi piace fermarmi a bere qualcosa con gli allievi a lezione finita, per continuare a parlare in un clima ancor più disteso.

I: Perché è utile frequentare un corso di scrittura creativa?

G: Come dice il sommo Chuck Palahniuk, ai corsi si crea un gruppo in cui trovi le uniche persone che ti capiranno fino in fondo e che saranno i tuoi consulenti più preziosi in questo percorso. Se avessi frequentato dei corsi di scrittura creativa all’inizio degli anni Novanta non avrei passato dieci anni a trovare un mio stile insistendo sempre sugli stessi errori. Il corso ti dà una grande quantità di input e abbatte qualche ostacolo. A volte basta solo far scoprire a un allievo un autore o un libro che non conosceva per sbloccarlo. Altre volte serve a far scoprire a un allievo convinto di essere il nuovo Stephen King di essere, in realtà, un grande umorista.

I: Quali sono gli errori che un insegnante/scrittore non deve mai commettere con i propri allievi?

G: Prima di tutto, di trasformarlo in un proprio clone, della categoria “se non scrivi esattamente come me non vai bene”. Ognuno deve trovare il proprio stile. Poi, di trattare la narrativa come se fosse la matematica, per cui 4+4 non può dare un risultato diverso da 8. Molti insegnanti di scrittura creativa spiegano delle tecniche come se fossero un dogma assoluto, quando invece, il più delle volte, sono semplicemente preferenze soggettive. Io provo sempre a spiegare la differenza tra quelli che sono veri e propri errori e quelle che sono soluzioni secondo me evitabili. Un esempio: io odio profondamente il discorso indiretto usato di quando in quando in un romanzo che fa grande uso del discorso diretto, perché mi sa di momento sciatto, tirato via, ma non mi sogno certo di definire questa mia presa di posizione come una regola universale.

I: Si può davvero imparare a scrivere? O esistono cose che non possono essere insegnate?

G: Dipende. La fantasia, per esempio, non si può certo insegnare. Come scrivere storie senza far ricorso alla fantasia, quello non si può insegnare. L’umorismo non si può insegnare, se uno non ce l’ha. Scrittori umoristici a cui far riferimento, però, si possono consigliare.

I: Al di là dei corsi, qual è il consiglio più importante che ti senti di dare a chi vuole intraprendere la carriera di scrittore, in questo periodo così complicato?

G: Leggerete un po’ dappertutto piagnistei e lamentazioni scoraggianti. Editori che falliscono, librerie che chiudono, scrittori sottopagati o per nulla pagati, italiani che non leggono… ecco: non ve ne curate. Se avete la vocazione alla scrittura seguitela. E qualche cosa succederà.

I: Grazie del tuo tempo e della tua disponibilità. C’è qualcos’altro che vuoi dire ai tuoi allievi passati, presenti e futuri?

G: La butto sul nazional-popolare: se proprio non riuscirete a pubblicare come ad alcuni miei allievi per fortuna è successo, vi divertirete e imparerete a leggere i libri con occhio diverso. (O magari troverete l’anima gemella. Ai miei corsi è successo anche questo!)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *